IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 12427/1995
proposto  da  Filomena  Pileggi,  Anna  Nicoletti,  Luciana Carletti,
Teresa  Ciarletta,  Fernando  Cassella, Rosa Clara Martini, Gabriella
Bellini, Carla Malusardi, Simonetta Ortolani, Giorgio Pafumi, Iolanda
Foderaro, Licio Pro, Angelino Minchella, Maria Luisa Barbieri, Bianca
Bonerba,  Maria Gentili, rappresentati e difesi dall'avv. Paolo Maria
Montaldo  ed  elettivamente domiciliati presso lo stesso in Roma, via
degli  Scipioni,  232,  mentre  il  sig.  Minchella  e'  difeso anche
dall'avv.  Francesco  Cardeva,  con  studio  in  Roma,  viale Mazzini
n. 112,  in  cui lo stesso ha eletto domicilio con atto depositato il
20 novembre 2000;
    Contro    la    Regione    Lazio,    rappresentata    e    difesa
dall'avv. Giuseppe Bottino,
    Per  il riconoscimento del diritto dei ricorrenti alla percezione
dei  benefici  economici derivanti dal loro reinquadramento nei ruoli
della  Regione  Lazio,  ai  sensi della legge regionale n. 39/1994, a
decorrere   dal  1  febbraio  1981,  con  interessi  a  rivalutazione
monetaria,   previo,   ove   occorra,   l'annullamento   degli   atti
presupposti, connessi e conseguenziali, ivi comprese le deliberazioni
della  Giunta  Regionale  3428,  3407,  3290, 3368, 3358, 3402, 3287,
3370,  3415,  3410,  3319,  3418,  3390,  3273,  3286 e 3339, in data
19 aprile   1995,   nella   parte   in  cui  indicano  la  decorrenza
dell'inquadramento  economico  al  5 ottobre 1994, data di entrata in
vigore  di  detta legge, anziche' al 1 febbraio 1981, nonche' di ogni
altro atto, denegatorio dei loro diritti.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  e la memoria della
Regione Lazio;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica  udienza del 7 dicembre 2000 il Consigliere
Lucia  Tosti  ed  uditi  altresi'  avv.  Montaldo  per i ricorrenti e
Bottino per la Regione;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    I  ricorrenti, dipendenti dell'I.Di.S.U. (Istituto per il Diritto
allo  Studio Universitario) e destinatari della legge regionale n. 39
del   1994,   relativa  alla  determinazione  dell'ordinamento  della
struttura,  della  consistenza  dei  quadri  organici  e  dei profili
professionali  per  il  personale  del predetto Istituto, chiedono il
riconoscimento  del  loro  diritto  a  percepire i benefici economici
derivanti dal reinquadramento nei ruoli della Regione Lazio, ai sensi
della citata legge, a decorrere dal 10 febbraio 1981, con interessi e
rivalutazione  monetaria,  previo,  ove occorra, l'annullamento delle
deliberazioni  della  Giunta  Regionale  indicate  in epigrate, nella
parte  in  cui  fissano la decorrenza dell'inquadramento economico al
5 ottobre 1994.
    Rappresentano, in particolare, gli interessati che l'art. 8 della
citata  legge  estendeva  anche  al  personale  dell'istituto  che ne
facesse  domanda  il  meccanismo  di reinquadramento introdotto a suo
tempo  dalla  legge  regionale n. 15/1988 a favore del personale gia'
inquadrato  nei  ruoli  della  Regione Lazio, per effetto delle leggi
regionali numeri 2 e 3 del 15 gennaio 1983.
    Gli stessi, in applicazione di tale norma, avevano presentato nei
termini,   essendo  in  possesso  dei  relativi  titoli  culturali  e
professionali,  apposita  istanza  di reinquadramento e, con gli atti
indicati  in  epigrafe,  la Regione Lazio ha accolto le loro istanze,
fissando  pero' la decorrenza giuridica del loro reinquadramento al 1
febbraio 1981, in analogia con quanto disposto a favore del personale
disciplinato  dalle  leggi regionali n. 2 e 3 del 1983, e gli effetti
economici  al  5 ottobre  1994,  cioe' alla data di entrata in vigore
della legge n. 39/1994.
    Tale  determinazione,  ad  avviso degli interessati, avrebbe dato
luogo  ad  una  evidente  sperequazione  rispetto  alle  categorie di
personale   originariamente   destinatarie   della   legge  regionale
n. 15/1988, con conseguenti gravi lesioni dei loro diritti.
    Ai  fini  dell'accoglimento  del  ricorso,  deducono  pertanto  i
seguenti motivi:
        1)  Violazione  legge  regionale  n. 15/1988,  art. 10; legge
regionale n. 39/1994, art. 8; articoli  3, 36 a 97 della Costituzione
a   principi   generali.  Eccesso  di  potere.  In  via  subordinata:
Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 8,  comma  5,  della  legge
regionale  n. 39/1994  in  relazione  agli  articoli 3, 36 a 97 della
Costituzione.
    Il  diritto  che gli istanti rivendicano (decorrenza dei benefici
economici  ex  legge  regionale  n. 15/1988  dal  1 febbraio 1981) e'
negato  dai  provvedimenti  indicati in epigrafe; tali determinazioni
sembrano essere state adottate, tuttavia, in applicazione del comma 5
dell'art. 8 della legge n. 39/1994.
    Deve,  quindi,  prevedersi,  ad  avviso degli interessati, che la
illegittimita' degli atti impugnati rispetto a norme fondamentali del
nostro  ordinamento  potrebbe  essere rimossa previa dichiarazione di
incostituzionalita' della citata disposizione di legge.
    Secondo  i ricorrenti, la scelta di far decorrere la attribuzione
dei   benefici  economici  del  reinquadramento  ex  legge  regionale
n. 39/1994 al momento della data di entrata in vigore di quest'ultima
anziche'  dal  1  febbraio  1981  (data  di  decorrenza giuridica) e'
illegittima,  con  particolare  riferimento  alle  finalita'  che  si
intendevano perseguire con la legge suddetta.
    Deve  ritenersi,  in particolare, che l'aver fissato al 5 ottobre
1994  la  decorrenza economica dell'inquadramento dei ricorrenti, sia
illegittimo  in  relazione  a  varie norme costituzionali; a cio' con
riferimento  sia  ai  provvedimenti  della Regione, sia, soprattutto,
all'art. 8,  comma  5,  della  legge  regionale  n. 39/1994,  la  cui
costituzionalita' e' posta in dubbio sotto i seguenti profili.
    A) Secondo i ricorrenti appare palesemente violato, innanzitutto,
il  principio di eguaglianza e perequazione che pure aveva indotto il
legislatore  regionale ad estendere i benefici della legge n. 15/1988
anche al personale del ruolo I.Di.SU..
    Ed  invero, la soluzione adottata dalla legge regionale n. 39 del
1994   non   e'  idonea  ad  eliminare  pienamente  la  sperequazione
esistente;   viene   infatti   fissata   come   decorrenza  economica
dell'inquadramento   una  data  diversa  e  meno  vantaggiosa  per  i
dipendenti  delle  ex  Opere  Universitarie  rispetto  agli originari
destinatari della legge regionale n. 15/1988.
    Di  conseguenza  e'  da  ritenersi  violato  il  principio di cui
all'art. 3  della  Costituzione,  giacche'  situazioni uguali vengono
diversamente trattate.
    B)  Anche  il  principio  di adeguatezza e proporzionalita' della
retribuzione  di  cui all'art. 36 della Costituzione appare - secondo
gli istanti - nella specie violato.
    Ed  invero, la legge regionale n. 15/1988, successivamente estesa
dalla   legge  regionale  n. 39  del  1994  al  personale  del  ruolo
I.Di.S.U.,   ha   consentito   di   far   collimare  inquadramento  e
professionalita'  attraverso  una  accurata  valutazione  dei  titoli
culturali,  professionali  e di carriera. Di tale professionalita' si
e'  evidentemente  riconosciuta  la  sussistenza dal 1 febbraio 1981,
data di decorrenza giuridica.
    Conseguentemente  dalla  stessa  data  deve  farsi  decorrere  la
maggiore    retribuzione,    proporzionale    alla   professionalita'
riconosciuta  al  dipendente,  cosi'  come,  d'altra  parte,  si  era
disposto per il restante personale beneficiario della legge regionale
n. 15/1988.
    La mancata applicazione di tale principio si tradurrebbe, quindi,
"in  una  palese  violazione  dell'art. 36, dal momento che non viene
fatta corrispondere la retribuzione alla qualita' professionale".
    C)  Appare  violato, infine - ad avviso dei ricorrenti - anche il
principio  di  cui  all'art. 97 della Costituzione, atteso che non e'
segno ne' di imparzialita' ne' di buona amministrazione il fatto che,
dopo  aver  ritenuto la arbitrarieta' e la manifesta irragionevolezza
di  una  precedente  situazione discriminatoria, la Regione Lazio non
abbia  operato di conseguenza, lasciando permanere una ingiustificata
ed iniqua differenza di trattamento economico.
    Gli  istanti  chiedono,  pertanto, l'accoglimento del gravame con
ogni  conseguenza  di  legge  anche  in  ordine  alle spese e, in via
subordinata,  che venga ritenuta come non manifestamente infondata la
questione  di  incostituzionalita'  sollevata e, sospeso il giudizio,
che gli atti vengano rimessi alla Corte costituzionale.
    L'Amministrazione  regionale  intimata, costituitasi in giudizio,
controdeduce  al  ricorso  con  un'ampia  ed articolata memoria nella
quale  contesta  le argomentazioni ex adverso svolte, concludendo per
la reiezione dell'impugnativa.
    Alla odierna udienza la causa viene spedita in decisione.

                            D i r i t t o

    1. -  Il Collegio ritiene, preliminarmente, di potere prescindere
dall'esame  dell'ammissibilita' del ricorso nella parte relativa alla
domanda   diretta  all'annullamento  delle  impugnate  deliberazioni,
essendo   il  ricorso  volto,  in  via  principale,  ad  ottenere  il
riconoscimento  del  diritto  alla  percezione dei benefici economici
conseguenti  al reinquadramento dei ricorrenti nei ruoli regionali ai
sensi  della  legge  regionale  Lazio  n. 39/1994,  a decorrere dal 1
febbraio 1981, con interessi e rivalutazione monetaria.
    Va  subito  osservato  tuttavia,  che  all'accoglimento  di  tale
istanza  principale osta il chiaro dettato della norma (art. 8, comma
5,  della  legge  regionale  n. 39/1994), in applicazione della quale
sono  stati  adottati  anche  i  provvedimenti  impugnati,  norma che
prevede  espressamente,  rispetto  a quella giuridica ivi indicata (1
febbraio   1981),  una  diversa  decorrenza  economica  dei  benefici
attribuiti e, cioe', quella dell'entrata in vigore della citata legge
regionale (5 ottobre 1994).
    Di  conseguenza,  pregiudiziale all'accoglimento della pretesa e'
la  decisone sulla legittimita' costituzionale della norma, questione
che   la   Sezione  ha  gia'  sollevato  con  ordinanza  n. 1277  del
19 febbraio  2001,  le cui considerazioni vengono riprese e condivise
in questa sede.
    Sul piano normativo si e' osservato che:
        I)  Gia'  prima  ancora  della  legge  regionale  n. 14/1983,
istitutiva   dell'I.Di.S.U.  -  nel  cui  ruolo  veniva  inserito  il
personale  delle ex Opere Universitarie trasferito alla Regione Lazio
ex  d.P.R.  n. 616  del  1977  -  la  legge regionale n. 5/1981 aveva
stabilito  che  in  favore  di  detto personale si sarebbe applicata,
decorrere dal 1 novembre 1979, la disciplina sullo stato giuridico ed
economico dei dipendenti regionali.
        II)  Successivamente - dopo che con legge regionale n. 6/1985
erano  stati  previsti tre ruoli organici distinti in cui inserire il
personale  appartenente,  rispettivamente,  agli Uffici della Regione
Lazio,  alla  Formazione  e all'I.Di.S.U., rinviando ad un successivo
atto  normativo  la  determinazione  dell'effettiva  consistenza  dei
ruoli -  con  la  legge  regionale  n. 15/1988  veniva  stabilito  il
trattamento   economico-giuridico   in   favore  del  personale  gia'
inquadrato  nei  ruoli  regionali per effetto delle leggi n. 2/1983 e
n. 3/1983,  leggi  queste  che avevano inserito in ruolo il disparato
personale  assegnato  inizialmente  alla Regione (sia in posizione di
comando  sia  perche'  trasferito  dallo  Stato o da altri Enti), che
veniva  inquadrato nei nuovi ruoli regionali a decorrere, a tutti gli
effetti, dal 1 febbraio 1981.
    La  stessa  legge  n. 15/1988, peraltro, onde eliminare possibili
sperequazioni,  consentiva,  in  alternativa  all'inquadramento  gia'
disposto,  un  reinquadramento,  anche  in  soprannumero, che avrebbe
dovuto  decorrere  in  ogni  caso  dalla data predetta del 1 febbraio
1981,  riferita al primo inquadramento conseguente alla pubblicazione
delle citate leggi n. 2/1983 e n. 3/1983.
        III)  Infine,  e'  intervenuta la legge regionale n. 39/1994,
volta  a  risolvere i vari problemi sorti in ordine all'inquadramento
del  personale  in  sede  di applicazione delle leggi surriferite e a
realizzare l'attesa perequazione, che estendeva, quindi, al personale
del  ruolo I.Di.S.U. la legge regionale n. 15/1988 e, di conseguenza,
il  trattamento  del restante personale regionale; ma cio' faceva, in
concreto,  soltanto  parzialmente  perche'  i benefici previsti dalla
cennata  legge  n. 15, differentemente da quanto verificatosi per gli
originari  suoi  destinatari,  erano estesi al personale del ruolo di
appartenenza  dei ricorrenti solamente ai fini giuridici, e non anche
a  quelli  economici,  pur riconoscendosi ad essi retroattivamente il
possesso  della  professionalita' connessa ad una superiore qualifica
funzionale dal 1 febbraio 1981.
    "Cosi'  delineato  il  quadro  normativo  nel cui ambito viene ad
inserirsi  anche  la  norma per la quale e' posta ora la questione di
costituzionalita'  (art. 8,  comma 5, legge regionale n. 39/1994), il
Collegio,  dovendo farne applicazione nel caso in esame, ritiene - in
accoglimento  della specifica richiesta in proposito avanzata, in via
subordinata,  da  parte  dei  ricorrenti  - di sollevare questione di
legittimita' costituzionale della medesima disposizione regionale per
contrasto con principi fondamentali della Costituzione.
    a)  Al  riguardo  la  questione  e',  innanzitutto, rilevante nel
giudizio in corso.
    Infatti,   le   richieste   dei   ricorrenti,   incentrate  sulla
sostanziale   irragionevolezza   ed   ingiustizia   della  disciplina
introdotta con la disposizione surriferita, non potrebbero, in quanto
derivanti da un provvedimento a carattere legislativo, essere accolte
da    questo   tribunale,   non   essendo   attribuito   al   sistema
giurisdizionale  alcun  potere di disapplicare i provvedimenti aventi
forza legislativa.
    b) La questione e' anche non manifestamente infondata; e cio' per
ritenuto  contrasto  con  l'art. 3, con l'art. 36, primo comma, e con
l'art. 97, primo comma, della Costituzione.
    c) In particolare, con riguardo all'art. 3 della Costituzione, il
Collegio  deve osservare, innanzitutto, che la norma in questione non
sembra   idonea  a  eliminare  integralmente  la  sperequazione  gia'
esistente  tra  i  vari dipendenti regionali perche', mentre fissa la
decorrenza  giuridica  dal  1  febbraio  1981, indica come decorrenza
economica  dell'inquadramento una data diversa e meno vantaggiosa per
i   ricorrenti   rispetto  agli  originari  destinatari  della  legge
n. 15/1988,  introducendo  in effetti una nuova disciplina che sembra
perpetuare diversita' di trattamento.
    Nella  fattispecie,  dunque,  non  pare  sia  stato rispettato il
principio  di  eguaglianza e perequazione, che pure aveva sollecitato
gli  organi legislativi regionali ad estendere i benefici della legge
n. 15/1988 anche al personale appartenente all'I.DI.S.U.
    La  intenzione  che  aveva  mosso  il legislatore regionale, come
accennato  e  come emerge dagli stessi lavori preparatori della legge
regionale   n. 39/1994,   era,   intatti,   quella  di  definire  una
situazione,  ritenuta  discriminatoria,  che  sussisteva  da anni con
conseguenti lagnanze e proteste da parte degli interessati dipendenti
I.Di.SU.,   cui   non   erano   stati   attribuiti  i  riconoscimenti
giuridico-economici gia' corrisposti in favore del restante personale
regionale.
    La  soluzione  indicata  dalla  legge  n. 39/1994,  nonostante la
cennata  intenzione, non sembra, pero', idonea ad eliminare del tutto
l'esistente  sperequazione,  dal momento che, come si e' detto, viene
stabilita  come  decorrenza economica una data meno vantaggiosa per i
dipendenti  dei  ruolo  I.Di.S.U.,  rispetto  a quella indicata per i
destinatari originari della legge regionale n. 15/1988.
    Cio'  posto, nella specie appare violato, ad avviso del Collegio,
il  principio  di  parita'  tra  i  cittadini di cui all'art. 3 della
Costituzione,  essendo  diversamente  trattate  nella disposizione in
parola  situazioni  riferite  a dipendenti regionali, nella sostanza,
uguali;  e  permanendo,  comunque,  il  contrasto  tra le esigenze di
perequazione,  piu' volte affermate dalla stessa Regione e il rimedio
posto che appare procrastinare, invece, una situazione di trattamento
economico  diseguale  tra dipendenti inseriti in appositi ruoli dello
stesso Ente.
    d)  Relativamente  alla  dedotta  violazione  dell'art. 36 Cost.,
relativo   al   principio   di  adeguatezza  e  proporzionalita'  tra
retribuzione e prestazione lavorativa, il Collegio deve osservare che
la  norma  in  questione  -  come  evidenziato  nel  ricorso - sembra
effettivamente  ledere  detto principio. Con essa, infatti, non viene
fatta   decorrere   la   maggiore  retribuzione,  proporzionale  alla
professionalita'  riconosciuta,  alla  data del 1 febbraio 1981, come
disposto  per  il restante personale destinatario dei benefici di cui
alla  legge  regionale  n. 15/1988, con corresponsione, quindi, della
retribuzione  in  modo corrispondente alla qualita' professionale (di
cui  e'  pur  riconosciuta  la  sussistenza) dalla data di decorrenza
giuridica  del  reinquadramento  in  questione;  e  cio' con concreta
incidenza  sul  diritto  riconosciuto  dalla  Costituzione  a  che il
lavoratore  abbia  una  retribuzione  proporzionata  alla quantita' e
qualita'  del  suo  lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a
se' e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
    e)  Con  riguardo  all'art. 97  della  Costituzione,  il Collegio
rileva,   infine,   come   il   principio   del   buon   andamento  e
dell'imparzialita'   ivi   indicato   sia   un   principio   generale
dell'ordinamento   giuridico  che  deve  ispirare  qualsiasi  assetto
organizzatorio    e    qualsiasi    comportamento    della   pubblica
amministrazione,  nel  senso che questi debbono sempre essere volti a
rendere  ottimale  l'attivita' della stessa pubblica amministrazione,
in  modo  tale  da  risultare nel miglior modo possibile satisfattori
degli interessi pubblici attribuiti.
    Ora, nella fattispecie, tale principio di buona amministrazione e
imparzialita'  non  appare  adeguatamente  rispettato,  in  quanto il
legislatore  regionale, dopo aver ritenuto la irragionevolezza di una
precedente situazione discriminatoria, non sembra avere coerentemente
tratto  le  dovute conseguenze, lasciando sussistere il differenziato
trattamento economico.
    In  definitiva,  emerge  nella  fattispecie  che  il  legislatore
regionale  con  la legge n. 39 del 1994 ha approvato disposizioni che
in   effetti   continuano   a   mantenere  inalterata  la  situazione
discriminatoria denunciata dai ricorrenti sotto il profilo economico,
concretando  con  cio' un comportamento che appare sintomatico di una
non corretta ed imparziale amministrazione.".
    Per  le  considerazioni  che  precedono,  il giudizio va, dunque,
sospeso in attesa della soluzione da parte della Corte costituzionale
della  sollevata  questione di legittimita' della menzionata norma in
relazione  agli articoli 3, 36, primo comma, e 97, primo comma, della
Costituzione.